giovedì 6 maggio 2010

Il corpo che soffre

Oggi, con un paio di amici, sono stata a Torino per l'ostensione della Sindone.
Devo ammettere che, prima della fede, mi ha mossa la curiosità: pensare che tanti uomini studiano questo telo da lungo tempo e hanno formulato ipotesi e congetture senza arrivare a una soluzione, per un'appassionata di gialli e di misteri come me, è affascinante.
Ora, non è che vedendola a occhio nudo, si traggano chissà quali conclusioni però, il solo pensiero che potrebbe davvero essere il sudario di Gesù, stupisce e commuove.

Nell'andare, mentre ero in coda e poi lì, davanti a quel lenzuolo, mi ha accompagnata un pensiero particolare: la sofferenza del corpo.
Non del mio, ma di chi combatte ogni giorno con malattie gravi e, spesso, incurabili.
Ieri sera il mio gemellino Simone mi ha contattata su facebook per raccontarmi di sua cugina Paola e della lotta in cui la sta aiutando, contattando tutti i mezzi di comunicazione ai quali può arrivare, direttamente o tramite amici, per dare voce a lei e a quelli come lei che soffrono della stessa malattia e che, si spera, potranno continuare ad avere le cure necessarie.

Si è dato molto da fare Simone e pare che abbia portato a casa i primi frutti: da domani forse si sentirà qualcosa della storia di sua cugina sui media nazionali, anche grazie a lui.

Per capire di cosa si tratta, ho copiato il messaggio di Paola che Simone mi ha girato via e-mail.

AIUTATECI AD AVERE UNA QUALITA’ MIGLIORE DI VITA

Buona sera mi chiamo Paola Sanna e vivo a Cagliari. Mi sono permessa di disturbarVi in merito a un dramma che sta succedendo a noi malati di angiodisplasia. Hanno infatti deciso di chiudere IL REPARTO DI CHIRURGIA VASCOLARE DELL’ OSPEDALE SALVINI DI GARBAGNATE MILANESE.

Mesi fa avevano fatto firmare a noi ammalati di angiodisplasia, che si appoggiano a quel reparto, una petizione per impedirne la chiusura; invece ora ci è giunta notizia che IL REPARTO DI CHIRURGIA VASCOLARE DELL’ OSPEDALE SALVINI DI GARBAGNATE MILANESE CHIUDERA’ DEFINITIVAMENTE IL 17 MAGGIO DEL 2010, che verremo appoggiati inizialmente al reparto di ortopedia e poi non è ben chiaro cosa potrebbe succedere. Ciò che preoccupa maggiormente è che in Italia e in Europa non esista alcun altro centro specializzato che possa far fronte alle molteplici problematiche di questa malattia.

Vorrei raccontarvi la mia esperienza personale, che poi non è tanto diversa da quella delle altre persone affette da angiodisplasia. Mi è stata diagnosticata la malattia circa 18 anni fa, quando iniziai ad avere dei grossi problemi a camminare e a notare gonfiori anomali sul piede destro. I miei genitori mi portavano in giro da ospedale a ospedale, compresi quelli svizzeri, ma nessun medico riusciva a capire quale fosse il problema. Mia madre mi portò poi da un medico vascolare a Varese, il quale ipotizzò inizialmente un aneurisma e poi utilizzò altri strani termini che non ricordo bene, sino a quando un giorno per caso uno studente di medicina del secondo anno, durante l’ennesima visita, dove ormai era stato stabilito che l’unica soluzione fosse l’ amputazione del piede, prese da parte mia madre a le consegnò un foglio con su l’indirizzo e il numero di telefono dell’ospedale Salvini di Garbagnate, consigliandoci di chiedere un nuovo parere prima dell’amputazione. Il giorno stesso mia madre chiamò per fissare immediatamente una visita. Ed ecco che iniziò finalmente la rinascita…indimenticabile il Dottor D'Angelo Dario, che con estrema umanità e professionalità confermò l’ angiodisplasia e mi spiegò con cura ciò che essa avrebbe comportato sulla qualità mia vita. Ammetto che è stata veramente una situazione difficile da affrontare; sino ad oggi ho dovuto subire circa 50 interventi chirurgici e 7 alcolizazzioni ma fortunatamente ho ancora il piede e riesco ad avere una vita degna di essere vissuta.

Sono cosciente del fatto che dalla mia malattia non si possa guarire, oggi come 18 anni fa, ma sono stati comunque fatti passi da gigante; oggi si riesce a tenere il decorso della malattia sotto controllo e l’equipe della chirurgia vascolare è indispensabile tanto quanto le cure mediche, soprattutto nell’aiuto fornito per cercare di superare dei limiti che neanche noi sappiamo come affrontare. L’ospedale Salvini è oggi l unica struttura che ci può aiutare ad avere una qualità di vita migliore, la loro professionalità e il loro tempismo nel curarci è quasi miracoloso. A differenza di altre, questa patologia infatti necessita di una assistenza continua dovuta a emorragie continue, oltre che a setticemie, ulcere, amputazioni e per qualcuno purtroppo anche la morte.

Siamo tutti molto giovani e abbiamo diritto alle migliori cure possibili. Facciamo tutti parte dell’associazione ILA dove, tramite le nostre donazioni, cerchiamo di aiutare chi ha questa patologia ma non può affrontarla economicamente. Come si può capire l’unica cosa che chiediamo è di NON ESSERE ABBANDONATI dalle Istituzioni. Abbiamo bisogno di questa struttura per vivere o comunque per vivere nel modo più dignitoso possibile.

Una struttura in cui opera l’equipe di medici capitanata dal Dott Matassi e dal Dott. Vaghi, per i quali tutti noi abbiamo una profonda stima e riconoscenza personale in quanto si sono sempre prodigati al massimo per consentirci di affrontare al meglio questa patologia. Non possiamo poi non tenere in considerazione gli infermieri, sempre pronti a trovare una soluzione alle molteplici problematiche fisiche e psicologiche che ci portiamo dietro; il sorriso con il quale vengono a svegliarci per affrontare interventi ed esami dolorosissimi.

Vorremo avere solo la possibilità di continuare a vivere la nostra vita in maniera dignitosa e difendere i nostri diritti di malati. Chiediamo solo di essere curati come sempre è stato fatto, non vogliamo privilegi.

Non è possibile chiudere un reparto conosciuto in tutta Europa come centro all’avanguardia e di grande professionalità.

Non possiamo pensare di essere solo un numero. Siamo pochi ma siamo persone che pur nella malattia vogliono mantenere intatta la loro dignità di essere umano.

Aiutateci a difendere la nostra vita.

Grazie.

Paola Sanna

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