giovedì 7 gennaio 2010

Il vecchio e il nuovo

Stamattina, facendo delle ricerche in rete, mi sono imbattuta in questo interessante saggio di Paolo Bettini, architetto, designer e docente alla facoltà di architettura di Pescara.
Per coloro che non avessero la pazienza o la voglia di leggerlo integralmente, cosa che consiglio vivamente, vi riporto una sintesi.
L'architetto, partendo dalle critiche mosse al restauro della pavimentazione di piazza Maggiore a Bologna, si interroga sui criteri da adottare in un restauro e sulle problematiche della coesistenza del vecchio con il nuovo.
In pratica, egli sostiene che un restauro filologico, ovvero fedele all'originale, spesso nega il periodo storico in cui viene operato.
Dice: "Se questa, per sommi capi, è la storia della piazza - secoli di costruzioni, demolizioni, modifiche e sovrapposizioni - non si vede perché altre modifiche non possano avvenire oggi, domani e dopodomani".
Continua sottolineando come la maggior parte degli edifici che oggi consideriamo patrimonio storico, fossero, all'epoca della loro costruzione, criticati, osteggiati e ritenuti obrobri.

Queste considerazioni mi hanno inevitabilmente ricondotta a una problematica attuale e più vicina a me: la ricostruzione della città di L'Aquila.
I lettori non abruzzesi di questo blog probabilmente non sono a conoscenza dei dibattiti in merito. La maggior parte degli aquilani vorrebbe che la città tornasse come prima, a prescindere dai tempi e dai costi. Dal punto di vista emotivo, questo è più che comprensibile. Ma proviamo a estendere il ragionamento.
Io non sono aquilana ma la mia città nel 1915 fu distrutta totalmente da un terremoto che fece circa 30.000 vittime. Avezzano, sebbene all'epoca molto bella, non fu ricostruita uguale a prima: ancora oggi reca in sè i tratti dei vari periodi storici che segnarono la sua rinascita.

Lancio allora una provocazione.
E se invece di ricostruire L'Aquila del tutto identica a prima, magari in venti, trenta, quaranta anni (e, quindi, uguale nel ricordo di chi?) si pensasse a una città modello, costruita con i più moderni criteri, dai migliori architetti contemporanei, ecologica, funzionale, bella per garantire il massimo benessere alle persone che la vivono?
Sarebbe tanto strano dare uno schiaffo morale a Roma e a Milano che, paragonate alle capitali europee, vivono uno sviluppo urbano retrogrado e provinciale?
Per una volta, non si può pensare che da questa enorme tragedia si possano almeno trarre delle opportunità di miglioramento, delle argomentazioni perchè la stampa di tutto il mondo continui a parlare dell'Aquila e dell'Abruzzo?

Berlino distrutta dalle bombe della guerra è risorta capitale dell'architettura europea.
Perché allora accontentarsi di una città falsamente antica?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

sarebbe opportuno ricostruire così, tanto di ciò che è andato distrutto altro non si avrebbe che una copia; una città moderna, con nuovi criteri, all'avanguardia e che faccia parlare di sè: questa è rinascita!
Ciao

GM C

Daniela ha detto...

eh... tanto non decidiamo noi!
la città è di chi la vive e non credo che ci saranno troppe innovazioni se non quelle forzate e inevitabili.